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Luoghi da vedere in Polinesia Francese: Tahaa

Tahaa, l'ultima meta polinesiana prima del ritorno in Italia.

Pur se distante solo 10' minuti di aereo da Bora Bora, questo è un mondo completamente diverso.  Decisamente pochissimo turismo,  non c'è aeroporto, 4.800 abitanti distribuiti su 8 villaggi, Tahaa è nota per la produzione della vaniglia di cui è importante esportatrice e sulla quale si basa buona parte dell'economia dell'isola.
Considerato che l'isola non offre spiagge, per l'ultima tappa  del nostro soggiorno nel profondo del Pacifico eravamo orientati per una sistemazione sui motu, luoghi sui quali si ritrovano le situazioni di sabbia e piscine che caratterizzano le altre isole; purtroppo l'assenza di disponibilità ci ha costretto a scegliere un alloggio sull'isola, al Fare Pea Iti
. Con il senno di poi posso dire che, pur con i limiti dovuti all'assenza di una vera spiaggia (surrogata da una distesa di sabbia di riporto e con fondali sotto riva scuri), il luogo è veramente incantevole. Si trova all'estremo nord dell'isola, lontano un paio di km dal paese di Patio, dispone solo di due bungalow (ma questo lo sapevamo già), in grado quindi di accogliere 4 forse 6 persone al massimo. Ampi, molto belli e ottimamente tenuti, arredati con stile e tantissimo gusto dalla proprietaria marsigliese, trasferitasi in questo piccolo angolo del paradiso da diversi anni. E' una sistemazione intimistica, di piena pace e relax, un'atmosfera assolutamente famigliare con una cucina semplice ma ricca di gusti.

La proprietaria, persona squisita e attenta a soddisfare ogni nostra più piccola richiesta, ci incontra all'imbarco di Raiatea e con un viaggio di circa un'ora sul motoscafo di proprietà ci conduce a destinazione dove l'accoglienza è calorosa con tanto di tahitiano in costume locale che ci canta un motivo popolare accompagnato dall'ukulele, strumento musicale tipico dei luoghi, mentre una ragazza ci copre con una colorata collana di fiori visibilmente appena colti.  
Saltato l'intero programma di immersioni per le condizioni dell'oceano, le giornate sono trascorse alternando gli ozi al sole ad alcune escursioni sull'isola con auto a noleggio, mangiando in trattorie all'apparenza modeste ma con la sapiente cultura della cucina ben salda.  C'è un'atmosfera incontaminata fatta di vegetazione tropicale fitta e lussureggiante,  pressochè totale assenza di traffico sull'unica strada che in 70 km percorre il perimetro  dell'isola regalando ottimi scorci fotografici con il verde che quasi invade le acque della laguna e la strada stessa.
Questo fuori programma ci ha perciò  consentito di cogliere in pieno il carattere solitario e selvaggio dell'isola,  di apprezzare la bellezza di luoghi intatti e conservati come solo la natura è abituata a fare. C'è stato anche il tempo per la visita alla fabbrica di vaniglia, rivelatasi peraltro un flop a metà in quanto la lavorazione viene svolta solo la mattina; ci viene comunque consentita la visita al deposito dove i baccelli, dopo l'esposizione al sole, il riposo all'ombra arieggiata, stagionano seccandosi coperti da sacchi di iuta; ed è questo periodo di lavorazione, di circa 4-6 mesi, che consente il formarsi del noto aroma oggi diffuso in tutto il mondo per diversi impieghi, non solo culinari.  
Ha invece un pò l'aria dell'abbandono l'Hibiscus, luogo di allevamento e preservazione della tartaruga di mare. Allevamento non è però il termine più adatto perchè in realtà, da come mi è stato spiegato,  l'Hibiscus paga i pescatori - per le tartarughe che rimangono impigliate nelle loro reti - più di quanto loro stessi potrebbero realizzare cedendole sul mercato nero (una legge ne vieta la cattura). C'è solo un piccolo e solitario esemplare: bah, forse si sono fatte furbe e non cadono più nelle reti dei pescatori.....  

Ce ne andremo con il profumo della vaniglia ed il ricordo di luoghi da sogno.

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